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Dal fondo del metallo
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Il dolore come conduttore di materia, la materia come canale del dolore, in ventisei prose poetiche di altissimo valore letterario. Dal fondo del metallo mette in gioco radicalmente e nella sua integralità la questione del rapporto materia/poesia, non soltanto nella sua dimensione contenutistica – la materia, in tutte le sue forme, come “figurazione” oggettuale, ispirazione e referente primario di tutta la sua opera, tanto più concreta quanto più è “spiritualizzata” e viceversa – ma anche nel suo, affascinante, sempre presente, discorso su sé stessa. [...] Il dolore come conduttore di materia, la materia come canale del dolore, in un continuo fondersi e rapprendersi in figure che ci sembra di conoscere dalla nostra propria esperienza sensoriale, ma che contemporaneamente non riusciamo mai a catturare del tutto, a stringere nei consueti confini del nostro esperire. (Dalla Postfazione di Massimo Caviglione)
Pagine 64.
Sradichiamo facciamo scoppiare buchi in tutte le lunghezze di tutte le grondaie; nell’incombenza del muro cangiante dal rosa al cielo nemmeno uno squarcio fertile per il trapasso dell’orchidea o del topo, solo fradiciume di scorze non come legno non come legno. Muffa e scolora e ventre al di sotto della luce serale ancora scagliata nel pomeriggio di vento e divora ogni nostra orazione e feconda ogni distanza e scarto tra la nube e noi.
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