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Né sole, né luna
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Questo nuovo romanzo di Francesco Cento si innesta anch'esso, come il precedente (Litàlia, 2008) nel filone della narrativa meridionale incentrata sulle "delusioni storiche". Stavolta l'autore ambienta a fine Settecento e non in epoca garibaldina, come nella scorsa opera, le vicende "corali" di una piccola comunità calabrese. Ricerca/rievocazione storica e sensibilità sociale si accoppiano per offrire ancora una volta - attraverso quadretti collettivi o le singole vicende dei personaggi maggiori - un affresco completo di un'epoca, di un luogo, di una società, di una collettività. A caratterizzare la narrazione, inoltre, è uno sviluppo teatrale, da "melodramma" (grande passione di Cento), al cui interno l'andamento musicale - talora brioso e vivace, talvolta nostalgico e sentimentale, altre volte doloroso -, i grandi movimenti collettivi, i dialoghi fitti, disvelano l'eterno "complotto" e "inganno" della Storia nei confronti degli "umili".
Pagine 238.
La luce delle fiamme irrompeva gagliarda e minacciosa in quella notte di fine secolo. Il fumo pesante, terribile, come una grande anima, si contorceva cercando un appiglio nel cielo nero e senza speranza. L'alba sorprese i campieri del principe a tentare di spegnere i focolai rimasti. Gli altri, raccogliendo le poche cose che erano riusciti a salvare, già da tempo camminavano sulle strade che portavano lontano. Il sole stentava a farsi largo nel fumo denso che ancora serpeggiava e la luna, non ancora scomparsa, si scorgeva appena in quella desolazione.
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